Per gentile concessione dello Studio Todeschini

4. - L'art. 2236 cod. civ. e la sua applicabilità anche al di fuori dell'ambito civilistico

 
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L'art. 2236 cod. civ. [1]  pone, come è noto, una limitazione di responsabilità del prestatore d'opera, circoscrivendola ai soli casi di dolo o colpa grave, qualora si trovi di fronte a problemi tecnici di speciale difficoltà.

Come osservato da M. Zana [2] , la norma, ad una prima lettura, da un lato sembra in contrasto con un'interpretazione rigida dell'art. 1176 cod. civ., dall'altro non sembra accettabile che si preveda, in senso generale, un limite di responsabilità proprio a fronte di problemi di particolare incidenza, tanto più nel nostro caso, su interessi sì rilevanti del danneggiato.

A ben vedere, peraltro, la giurisprudenza [3]  e la migliore dottrina hanno operato, all'interno della previsione dell'art. 2236 cod. civ., una distinzione che merita di essere ricordata: la norma  si applicherebbe soltanto quando in discussione sia la perizia del professionista, non quando, al contrario, ci si trovi di fronte all'imprudenza o all'incuria, auspicandosi, in relazione a queste ultime, giudizi <<improntati a criteri di normale severità>> [4] .

Ma cosa si intende <<per problemi tecnici di speciale difficoltà>> ?  Con riferimento alla professione intellettuale che qui interessa, quella medica, integrano l'astratta previsione normativa i casi che, per essere stati oggetto, nella stessa letteratura medica, di dibattiti e studi dagli esiti tra loro opposti, per la novità della loro emersione, ovvero per essere caratterizzati dalla straordinarietà e particolare eccezionalità del loro manifestarsi, non possono considerarsi ricompresi nel doveroso -rectius diligente- patrimonio culturale, professionale e tecnico del professionista, avuto riguardo, anche in questo caso, alle peculiarità del settore ove svolge la sua attività, e ad uno standard medio di riferimento [5] .

Anche in questo caso quindi, la previsione legislativa deve di volta in volta trovare il suo contenuto peculiare, giacché sono comunque diverse le caratteristiche salienti delle categorie alle quali appartengono i prestatori d'opera, ed essendovi anche all'interno di ognuna, tanto più in quella medica, delle specialità che meritano di essere trattate apprezzandone, per l'appunto, gli aspetti caratterizzanti.

A questo proposito può essere ricordata una delle comprensibili doglianze di coloro che vengono interessati da procedimenti relativi alla responsabilità professionale, ossia quella della mancanza di uniformità, nelle varie sedi giudiziarie, quanto a preparazione specifica dei magistrati e dei consulenti ai quali si affidano. Certo anche questo spunto critico, già sottolineato in precedenza, non mancherà di suscitare perplessità, ma ritengo debba essere preso in considerazione essendo comunque un problema pratico riscontrato sul campo.

Quanto all'applicabilità delle limitazioni di responsabilità anche alla responsabilità extracontrattuale, in senso affermativo si sono pronunciate dottrina [6]  e  giurisprudenza [7] .

In riferimento all'applicabilità anche in sede penale del principio della responsabilità limitata alla colpa grave in caso di lesioni o morte come conseguenza dell’esercizio dell'attività professionale, qui per inciso intendo fare breve accenno alla risposta affermativa che in dottrina alcuni [8]  danno, nonostante già la Cassazione penale [9]  abbia sostenuto l’inapplicabilità del principio di cui all'art. 2236 cod. civ., basandosi sull’art. 43 cod. pen., in forza della previsione, ivi contenuta, della semplice colpa lieve.

Come rilevato dal Finucci [10] , tale posizione non è condivisibile alla luce del principio di unità e razionalità dell’ordinamento giuridico, che verrebbe altrimenti disatteso, senza sottacere le potenziali soluzioni aberranti che potrebbero derivarne quanto al contrasto di giudicati, in considerazione degli artt. 74 e segg., nonché 651 cod. proc. pen.

Al contrario sembra preferibile l’opinione di chi sostiene la necessità di ricercare, proprio negli artt. 2236 e 1176, II c., cod. civ., l’integrazione soggettiva della fattispecie di reato sotto il profilo della colpa professionale grave.

In questo senso, seppur con parziale diversa impostazione, pare muoversi la giurisprudenza più recente [11] .

[1]  Art. 2236.- Responsabilità del prestatore d'opera

Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d'opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave.

[2]  M. ZANA, Responsabilità del professionista, in Enc. giur. Treccani, vol. XXVII, Roma, 1991, 4; si veda anche M. ZANA, La responsabilità del medico, in Riv. crit. dir. priv., anno V, n. 1, 1987, 162. In quest'ultimo testo l'Autore ricorda come l'art. 2236 cod. civ. altro non sia se non la codificazione di una regola giurisprudenziale consolidatasi nella vigenza del precedente codice. Su tutte ricorda la sen. Cass. civ., sez. un., 8 marzo 1937, in Resp. civ. e prev.,1937, 314.

[3]  Cfr. Cass. civ. sez. III, 1 agosto 1996, n. 6937: <<La   disposizione di   cui   all'art. 2236 c.c. -che, nei casi di prestazioni implicanti la soluzione di problemi tecnici   di  particolare difficolta', limita la responsabilita' del professionista  ai soli  casi di dolo o colpa grave - non trova applicazione ai danni  ricollegabili  a negligenza ed imprudenza, essendo essa circoscritta,  nei  limiti considerati,  ai  casi  di imperizia  ricollegabili alla particolare difficolta' di problemi tecnici che l'attivita' professionale, in concreto, renda necessario affrontare. (Nella specie, e' stata esclusa  l'applicabilita'  della  menzionata  disposizione  in  relazione al  comportamento di un avvocato che, pur  avendo  ricevuto dal proprio assistito un foglio in bianco contenente  una  procura, aveva omesso di impugnare il licenziamento subito  dall'assistito stesso, cagionandogli, cosi', danni risarcibili).>> Nappi c. Saunie, in Giust. civ. Mass., 1996, 1091.

E ancora cfr. Cass. civ. sez. III, 8 luglio 1994, n. 6464: <<La  disposizione dell'art. 2236 c.c. che, nei casi di prestazioni che implichino la soluzione di problemi  tecnici  particolarmente difficili, limita  la responsabilita' del professionista ai soli casi di  dolo o colpa grave, non  trova applicazione per i danni ricollegabili a negligenza o imprudenza, dei quali il professionista, conseguentemente, risponde anche  solo  per colpa lieve.>> Usl n.  21 Padova c. Petix e altro, in Giust. civ., 1995, I, 767; in Resp. civ. e prev., 1994, 1029, nota (GORGONI).

[4]  Cfr. sen. Cass. civ. n. 166 del 28 novembre 1973, in Foro it., 1974, I, 19.

[5]  Cfr. Cass. civ., sez. III, 7 maggio 1988 n. 3389, in Dir. e prat. assicur., 1989, 497.

[6]  CAZZANIGA-CATTABENI, in Med. leg. e delle Ass., Torino 1988, 490.

[7]  Si legga in particolare la sen. della Cass. civ., sez. II, 17 marzo 1981 n. 1544: <<L'art. 2236 c.c.- a norma del quale, se  la prestazione implichi la soluzione di problemi tecnici  di speciale difficolta', il prestatore d'opera  risponde dei  danni solo  in caso  di dolo  e colpa  grave - sebbene collocato nell'ambito della regolamentazione  del contratto d'opera professionale, e' applicabile, oltre che nel campo contrattuale, anche in quello  extracontrattuale, in  quanto prevede un limite di responsabilita' per  la prestazione  dell'attivita' professionale in  genere, sia che essa si svolga  sulla base di un contratto, sia che venga riguardata al di fuori  di un  rapporto  contrattuale  vero  e proprio>>. Fascetto c. Rapisarda, in Giust. civ. Mass., 1981, fasc. 3; inoltre 1282/1971 e Cass. civ., sez. I, 8 novembre 1979 n. 5761,  Sezione autonoma Credito Fondiario BNL c. Riella, in Giust. civ., 1980, I, 340.

[8]  G. FINUCCI, Riflessioni sulla responsabilità professionale del medico nella complessa situazione sanitaria moderna, 1992, in  Nuovo Dir., 1992, 420.

[9]  Cfr. Cass. pen. sez. IV, 22 febbraio 1991: <<L'accertamento della  colpa  professionale  del sanitario deve essere  valutata con  larghezza e comprensione per   la   peculiarita' dell'esercizio dell'arte  medica e  per la difficolta' dei casi particolari,  ma, pur  sempre  nell'ambito  dei criteri  dettati  per  l'individuazione della colpa    medesima dall'art. 43 c.p. Tale accertamento non puo' essere effettuato in base al disposto dell'art. 2236  c.c.,  secondo cui il prestatore d'opera e' esonerato dall'obbligo del risarcimento dei danni quando la prestazione implichi la soluzione di problemi tecnici  di speciale difficolta' tranne  che  nell'ipotesi di  commissione  del fatto con dolo o colpa grave. L'applicabilita' di  tale norma e' esclusa dalla sistematica  disciplina del dolo e della colpa in diritto penale per la quale il grado della colpa e'   previsto  solo come criterio   per  la determinazione  della pena  o  come  circostanza aggravante e mai per determinare la  stessa sussistenza dell'elemento psicologico  del reato,  sicche'  il minor grado della colpa non puo' avere in alcun caso efficacia scriminante.>>  Lazzeri, in Cass. pen. 1992, 2756 (s.m.); in Giust. pen., 1992, II, 49 (s.m.).

[10]  FINUCCI, op. cit., pag. 422.

[11]  Cfr. Cass. pen. sez. IV, 10 maggio 1995: <<In  tema di colpa professionale, quando la condotta colposa incida su beni primari, quali la vita o la  salute delle persone, costituzionalmente e penalmente protetti, i parametri valutativi debbono essere  estratti dalle norme proprie al sistema penale e non da quelle espresse da altro ramo del diritto, quali l'art. 2236 c.c. Tuttavia, detta  norma civilistica puo' trovare considerazione anche in tema di colpa professionale del medico quando il caso specifico sottoposto al suo esame imponga la soluzione di problemi di specifica difficolta', non  per effetto di  diretta applicazione nel campo penale, ma come regola di esperienza cui il giudice possa attenersi nel valutare l'addebito di imperizia. Da quanto suesposto segue che, sia quando non sia presente una situazione emergenziale, sia quando il caso non implichi la soluzione di problemi tecnici di speciale difficolta', cosi' come quando venga in rilievo (e venga contestata) negligenza e/o imperizia, i canoni valutativi della condotta (colposa) non possono essere che quelli ordinariamente adottati nel campo della  responsabilita' penale per danni alla vita o all'integrita' dell'uomo (art. 43  c.p.), con l'accentuazione che il medico deve sempre attenersi a regole di diligenza massima e prudenza, considerata la natura dei beni che sono affidati alla sua cura>>. Salvati n Resp. civ. e prev., 1995, 903, nota (PONTONIO).
 

 

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Ultima modifica 17/03/03